La 66esima edizione del London Film Festival, tornata nelle sue vesti abituali con proiezioni esclusivamente in sala dopo due edizioni che avevano visto un programma segnato dalla pandemia, ci ha regalato titoli provenienti da molteplici paesi offrendo visioni stimolanti e indimenticabili.
Ad aprire il festival, in prima mondiale, è stato “Matilda the Musical”. La versione cinematografica diretta da Matthew Warchus, anche regista dello spettacolo teatrale tutt’ora in scena nel West End londinese, mantiene la freschezza ed originalità dell’opera ideata dalla Royal Shakespeare Company. Anche per mezzo di un ottimo cast capeggiato da un’irriconoscibile Emma Thompson nei panni della temibile Agata Trunchbull, la pellicola diverte ed emoziona. A risultare vincente nel film di Warchus è soprattto la musica composta da Tim Minchin, in un delizioso mix dalle atmosfere pop in cui spicca la ballad “When I Grow Up“.
Anche in “The Eternal Daughter” di Johanna Hogg con Tilda Swinton, si ha un interessante utilizzo della musica, fondamentale nel creare lo stato di tensione e instabilità di cui è infusa la pellicola. Le composizioni di Béla Bartòk accompagnano l’inusuale soggiorno in un remoto hotel scozzese della protagonista. Il film, influenzato nei toni cupi dai titoli della Hammer House, è un racconto immerso tra ombre e nebbie dall’epilogo inaspettato. Dopo il successo del dittico “The Souvenir parte 1 e 2”, Joanna Hogg attinge nuovamente da esperienze personali con una storia incentrata sull’elaborazione del lutto.
Il senso di solitudine e smarrimento visto in “The Eternal Daughter” torna come motivo centrale del nuovo film di Luca Guadagnino “Bones and All”. Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Camille DeAngelis , la pellicola con Timothèe Chalamet, Taylor Russell e Mark Rylance, scorre con ritmo pacato, scandito dalla suggestiva colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross, tra i paesaggi rurali americani. Guadagnino dipinge con efficacia l’isolamento dei due ragazzi cannibali costretti a muoversi come fantasmi ai margini della società.
Il titolo che abbiamo preferito in questa ricca edizione del London film Festival, è il documentario di Laura Poiras “All the Beauty and the Bloodshed”, già vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia. Giustapponendo una narrazione che vede lo scorrere in parallelo della vita della fotografa Nan Goldin e la sua battaglia contro la famiglia Sackler, colpevole di aver contribuito alla crisi oppiacea negli Stati Uniti, Poiras realizza un racconto disturbante quanto appassionante, che ha scaturito applausi sul concludersi della proiezione stampa.
A vincere la sezione concorso del London Film festival è stato Corsage di Marie Krautzer. Reiventando le vicende della Principessa Sissi in chiave sovversiva, un po’ come avevano già fatto in precedenza Sofia Coppola in “Marie Antoinette” e Susanna Nicchiarelli in “Miss Marx“, Krautzer dirige un prodotto interessante, che non riesce però a convincere totalmente. La pellicola è comunque sostenuta dall’ottima interpretazione di Vicky Krieps nei panni della protagonista.
Offrendo una selezione che prevede film provenienti dal altri festival, anteprime mondiali e nazionali, il London Film Festival si è confermato anche quest’anno un appuntamento da non perdere per gli amanti del cinema.