La prima mostra interamente dedicata ai ritratti del pittore, visitabile fino al 26 gennaio.
Paul Gauguin è principalmente conosciuto per la sua breve associazione con gli impressionisti, come esponente principale dello stile ad alto significato simbolico del sintetismo e per i dipinti di scenari esotici. Durante la sua carriera, Gauguin realizzò anche numerosi ritratti, sperimentando con la forma e ridefinendone il ruolo in pittura. Alcune di queste opere sono ora in esposizione alla National Gallery di Londra.
La mostra si apre con una serie di autoritratti in cui, seguendo l’esempio di Dürer e Rembrandt, Gauguin assume, simbolicamente, varie personalità. In Gesù nell’orto degli ulivi (1889), l’artista diventa il Cristo nel momento in cui fu tradito; Gauguin si serve di una nota immagine dell’iconografia religiosa come metafora della sofferenza e del senso di isolamento causato dal suo scarso successo commerciale.

Nella seconda sala sono esposti alcuni dei quadri realizzati in Bretagna: attratto da culture lontane dalla civiltà sofisticata di Parigi, Gauguin si trasferì in Bretagna nel 1886, dove dipinse gli abitanti del luogo come soggetti puri e non corrotti dalla vita cittadina. In Buongiorno Signor Gauguin (1889), il pittore si ritrae nello scenario bretone di Le Pouldu mentre una donna lo saluta. Il titolo del quadro fa riferimento ad un’opera dalla simile tematica di Gustave Courbet (L’incontro, 1854) e simboleggia l’importanza dell’artista nella società.

È noto che Vincent Van Gogh ricoprì un ruolo fondamentale nella vita di Gauguin. Nel 1888 i due vissero per tre mesi ad Arles, in Provenza, lavorando intensamente e concentrandosi in particolar modo sui ritratti. Nella mostra, la presenza di Van Gogh è percepibile nel quadro che ha come soggetto Madame Roulin, ritratta sia da Gauguin che dall’artista olandese. Le due opere risultano tecnicamente opposte; se in quella di Gauguin i colori impiegati ricordano lo stile delle stampe giapponesi, nel ritratto dipinto da Van Gogh compaiono le pennellate pesanti caratteristiche della sua pittura.
Van Gogh Gauguin
Anche l’artista Meijer De Haan, conosciuto grazie a Théo Van Gogh, fu fondamentale nel percorso di Gauguin; dal momento del loro incontro, De Hann diventerà un volto ricorrente nell’opera del pittore. Nell’esposizione è presente una scultura in legno raffigurante il volto di De Haan (1889-1890); in quest’opera Gauguin si ispira all’arte Pre-Colombiana e alla figura protagonista della stampa Melancolia I (1514) di Albrecht Dürer.

La seconda parte della mostra si concentra sui dipinti realizzati a Tahiti. Gauguin visitò per la prima volta l’isola nel 1891, attratto dall’idea di una cultura esotica e non contaminata. Tahiti era diventata una colonia francese nel 1880, ma i missionari religiosi si erano stabiliti nell’isola fin dal XVI secolo. Gauguin fu amareggiato dal modo in cui le donne venivano costrette ad indossare modesti abiti missionari, abbandonando così lo stile di vita dell’isola.
La presenza di Gauguin a Tahiti fu però ambivalente: se da una parte l’artista non condivideva l’imposizione di certe tradizioni occidentali agli abitanti della colonia, allo stesso tempo, portò all’estremo una forma di misoginia nei confronti delle donne polinesiane molto comune in quegli anni: sposò due ragazze ed ebbe numerose relazioni sessuali. I curatori della mostra non celano questo aspetto di Gauguin, ma scelgono di non includere i nudi dipinti in questo periodo.
Merahi metua no Tehamana (1889-1890) è una delle opere più celebri realizzate a Tahiti. Qui Gauguin raffigura la moglie Teha’amana con indosso un abito missionario e la circonda di riferimenti enigmatici: dei geroglifici, una figura femminile e tre teste che fluttuano alle sue spalle.

Gauguin nutriva una particolare ammirazione per la pittura di Cèzanne che aveva conosciuto a Parigi. L’influenza di Cèzanne è riscontrabile in una delle nature morte visibili nella mostra; le linee nere che accentuano i contorni dei frutti ricordano la tecnica impiegata dal pittore di Aix-en-Provence. L’opera fa parte della sezione dedicata ai cosiddetti “ritratti surrogati”, in cui compare un dipinto che ha come soggetto i girasoli. In Still Life with “Hope”(1901) Gauguin evoca indubbiamente il ricordo di Vincent Van Gogh, morto da più di una decade.
Gauguin Cèzanne

Nell’ultima sala a risaltare è il quadro Racconti barbari (1902) in cui ritorna Meijer De Haan. Gauguin lo dipinge in una posa melanconica, ma con sembianze diaboliche. In questo senso, la figura si contrappone alla scena idilliaca in primo piano, in cui i due soggetti rappresentano la religione buddista e il pensiero Ma’ohi.

A chiudere la mostra è l’ultimo autoritratto realizzato da Gauguin nel 1903; qui il pittore appare in maniera semplice, diretta e senza implicazioni simboliche. È un’opera molto potente che sembra metterci in contatto con l’artista.
Quella proposta dalla National Gallery è la prima esposizione in cui vengono raccolti i ritratti di Paul Gauguin ed è un interessante viaggio che ci fa immergere nella vita di uno degli artisti più controversi, ma allo stesso tempo, più affascinanti del post-impressionismo.
