Il nostro disco del momento: Tranquility Base Hotel & Casino

Quando un album diventa tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Non c’è niente da fare: quando il ricordo delle feste natalizie si dissolve nel grigiore dei primi mesi dell’anno, subentra inevitabilmente una certa malinconia. Nel torpore di questo periodo, cerchiamo una forma di sollievo che, per chi scrive, finisce spesso per essere l’ascolto di un disco. Attraverso la musica abbandoniamo la realtà, rifugiandoci in suoni che ci erano già familiari, ma di cui mai come ora avevamo bisogno. Tranquility Base Hotel & Casino è l’album di cui in questi giorni non riesco a fare a meno.

Sesto lavoro in studio degli Arctic Monkeys, uscito due anni fa tra stroncature ed elogi, Tranquility è stato decisivo nel percorso musicale della band di Sheffield. L’album rappresenta un netto cambio di direzione compositiva da parte di Alex Turner & co, con atmosfere quasi inaspettate se si è a conoscenza del repertorio formativo del gruppo. L’ascoltatore attento riconoscerà però anche nel precedente AM certe tinte sonore che in Tranquility diventano protagoniste; penso a brani come N 1 Party Anthem in cui compare il piano, e Fireside.

Nella genesi dell’ultimo LP degli Arctic Monkeys è stata però fondamentale la collaborazione tra Alex Turner e Miles Kane – che porta il nome di Last Shadow Puppets – dove i due attingono dalle colonne sonore cinematografiche e dal periodo d’oro del rock ‘n’ roll.

Rispetto alla produzione dei Last Shadow Puppets, Tranquility raggiunge però un altro livello. Partendo dall’opening con Star Treatment e dall’ormai celebre “I just wanted to be one of the Strokes”, con cui Turner, in versione crooner, dà inizio al viaggio lunare che fa da leitmotiv al disco, fino alla conclusione con la ballad The Ultracheese, gli Arctic Monkeys ci trasportano in una dimensione ultraterrena tra hotel che vantano “rave reviews” (Four Out Of Five) e sguardi satirici sulla digital age (She Looks Like Fun).

Tranquility si associa, per il suo potente coinvolgimento e per la sua capacità di dipingere scenari vividi, al linguaggio cinematografico e in particolare ad un tipo di film francese degli anni ’60. Tra questi c’è sicuramente Alphaville di Jean-Luc Godard, una pellicola di fantascienza realizzata attraverso lo stile anarchico della Nouvelle Vague. In questo senso, Turner fa qualcosa di simile, producendo un album che nasconde i suoni tipici della band dietro una veste da lounge music. Tranquility si allontana dalle regole dell’indie-rock, ma stravolge anche la tradizione musicale a cui vorrebbe assomigliare.

Il risultato è un’opera che si distingue per originalità e ambizione, e che annovera le ispirazioni più disparate: c’è qualcosa di David Bowie, anche soltanto per la tematica lunare alla base del disco, della voce maledetta di Serge Gainsbourg e, tra i musicisti che hanno influenzato la scrittura dei brani il leader degli Arctic Monkeys ha citato anche Dion.

Tranquility vive di una commistione tra sonorità da cui è impossibile non lasciarsi sorprendere. Per questo motivo l’album diventa un’ideale forma di evasione, che invita a lasciarsi trasportare dalle parole di uno dei migliori songwriters della nostra generazione.

error: