Il film con Annette Bening, Bill Nighy e Josh O’Connor è stato presentato al London Film Festival.

In Hope Gap, William Nicholson, già sceneggiatore de Il Gladiatore e Les Misérables, porta sullo schermo una sua opera teatrale intitolata The Retreat From Moscow. La pellicola racconta la fine del matrimonio tra Edward (Bill Nighy) e Grace (Annette Bening), incontratisi casualmente anni prima su un treno, episodio definito da Edward sbagliato così come il loro rapporto. L’unico punto di incontro tra i due sembra essere il figlio Jamie (Josh O’Connor).

Quando il ragazzo, invitato dal padre, torna nello Yorkshire per far visita ai genitori, si ritrova immerso in un dramma famigliare: Edward ha infatti deciso di lasciare Grace.

Everything is contactless” – dice Edward a Jamie, quando il ragazzo prende in giro il padre perché porta con sé dei contanti. La frase risuona come una verità che non si limita al modo in cui facciamo acquisti: sono gli stessi personaggi ad aver perso contatto l’uno con l’altro. Edward e Grace non riescono a comunicare e invece che incontrarsi si respingono, annullandosi a vicenda.

Agli occhi di Grace, Edward sceglie la via facile, sottraendosi al ruolo di marito e andando a vivere con la nuova compagna. Grace è fuori dalle righe, ma vitale, ripete spesso che preferirebbe essere vedova, piuttosto che abbandonata. Edward al contrario, è un individuo semplice, che si sente sottomesso alla moglie.

Anche se Nicholson tenta di realizzare una pellicola emotivamente coinvolgente, i personaggi risultano distaccati e piatti. I lunghi scambi di battute – che forse funzionavano a teatro – sono eccessivi ed aridi, una volta trasferiti sullo schermo.

Sono gli attori a trascinare il film: Josh O’Connor, sempre convincente e perfetto nell’incarnare il figlio insicuro, Bill Nighy in una performance volutamente sottomessa alla grandezza di Annette Bening, protagonista indiscussa della pellicola. Non era facile immedesimarsi in un personaggio assurdo come quello di Grace, ma l’attrice riesce ad umanizzarla, dipingendo le debolezze che la donna nasconde dietro alla fierezza.

Hope Gap si basa sulla difficoltà di mantenere una relazione e su come spesso le persone finiscano per allontanarsi. È il secondo film visto ad un festival ad esplorare questo tema: Marriage Story di Noah Baumbach (presentato al festival di Venezia e ora al London Film Festival) affrontava situazioni simili.

Ma se Baumbach tratteggiava il dissolversi di un rapporto alternando con intelligenza comicità e dramma, Nicholson – che non è all’altezza di Baumbach nella sceneggiatura – realizza una pellicola con la quale non riusciamo a stabilire una forma di contatto. E con un cast di questo livello è un deficit che rende Hope Gap un’occasione mancata.

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