A Londra, nelle zone di Spitafields e Notting Hill, due imperdibili mete musicali.
Londra è da sempre sinonimo di musica: a partire dal rock ‘n’ roll degli anni ‘60, attraverso il punk e la new wave, fino ad arrivare al britpop, la capitale britannica ha fatto da palcoscenico all’avvento di alcune delle più grandi band della storia. Anche se l’attuale panorama musicale è lontano dal periodo d’oro di metà anni novanta, quando camminando per Camden Town capitava di incontrare Jarvis Cocker o Noel Gallagher, non c’è dubbio che l’anima della città pulsi ancora di musica.
La scena londinese attrae giovani da tutto il mondo: succede spesso, ad un concerto, di incontrare ragazzi che hanno scelto la capitale britannica perché spinti da una forte passione per la musica. Questa comunità devota alle sette note, si contraddistingue per affollare i tanti festival musicali con delle tote bags di Rough Trade, il leggendario record shop.
All’origine di Rough Trade c’è l’entusiasmo di un ragazzo in viaggio per l’America, in stile beatnik: dopo aver collezionato centinaia di album, Geoff Travis decise di aprire un negozio di dischi nella zona di Ladbroke Grove a Londra. L’idea era quella di creare una versione musicale di City Lights Books, la libreria con sede a San Francisco di Lawrence Ferlinghetti. Rough Trade voleva essere un hub culturale, in cui musicisti e appassionati potessero scambiare idee e conoscere nuove band.
Addentrandosi nella zona meno turistica di Notting Hill si arriva al 130 di Talbot Road, location dello storico Rough Trade West. Varcare la soglia del negozio è come entrare nei sogni di un collezionista di dischi: poster di vecchi concerti, tra cui i Ramones e Blondie, adornano le pareti. Lo spazio è interamente ricoperto da vinili e cd in una scelta illimitata. Può capitare di passare ore in questo tempio musicale, senza accorgersene: a Rough Trade è come se il tempo si fosse simbolicamente fermato al 1976.

L’apertura di Rough Trade nel ’76 coincise con la nascita del punk, di cui il negozio di Geoff Travis divenne portavoce, vendendo i dischi autoprodotti dalle band del momento. Nel 1977, con l’uscita di Never Mind the Bollocks dei Sex Pistols, il punk britannico varcò i confini nazionali arrivando anche in Italia: Bologna divenne l’epicentro della scena punk italiana, che culminò nel 1980, con il contestato concerto dei Clash in Piazza Maggiore. Intanto a Londra, Rough Trade diventava sempre più noto nella comunità del DIY (Do It Yourself – fai da te). Il negozio ospitò esibizioni live dei Ramones, Talking Heads e tra i clienti, un giorno, arrivò anche Patti Smith.
Nel 1978, Travis decise di lanciare Rough Trade Records scritturando musicisti come Scritti Politti, Raincoats e Robert Wyatt. Ma soprattutto, fu grazie all’etichetta indipendente che ebbe inizio la storia di uno dei gruppi più amati dell’indie-rock, gli Smiths.

Da sempre caratterizzato più dalla passione viscerale per la musica che dalla conoscenza del business, nel 1982, Rough Trade rischiò di chiudere a causa dei debiti accumulati negli anni. Due impiegati, Nigel House e Peter Donne, salvarono il negozio dal fallimento, spostandosi all’indirizzo di Talbot Road dove lo shop si trova ancora oggi. Da allora Rough Trade ha vestito mille vite: San Francisco e Parigi sono state sedi temporanee di due shop e sul finire degli anni ‘80 fu aperto uno spazio a Neal’s Yeard, nella centralissima Covent Garden. Tra i clienti, Kurt Cobain, Joe Strummer e Nick Cave.
Dopo un passato segnato da discese e risalite, sembra che oggi Rough Trade abbia trovato il suo posto fisso nella scena musicale: a Londra è presente con due negozi (West e East) e sono stati inaugurati spazi anche a Bristol, Nottingham e New York. L’omonima etichetta discografica ha continuato ad esistere, mettendo sotto contratto band come Pulp, Strokes e Antony & the Johnsons.
Nell’epoca segnata dai retailer online, Rough Trade va contro tendenza – come d’altronde ha sempre fatto – dimostrando che l’acquisto solitario su internet e l’esperienza nel negozio di dischi non sono interscambiabili.

Di recente, visitando Rough Trade East, ho visto in quanti cercano ancora la condivisione di una passione, quella per la musica, che retailer come Amazon vorrebbero soffocare. Ho passato più di un’ora tra gli scaffali ricolmi di dischi, incontrando altri ragazzi, che come me, a Rough Trade si sentono un po’ a casa. È questa la bellezza della musica; in un momento di incertezza, come quello che avvolge gli italiani nel Regno Unito nei giorni decisivi della Brexit, trovarsi in un negozio di dischi che espone album da ogni parte del mondo, infonde sicurezza. La musica abbatte le barriere che la società vorrebbe costruire.
Se vivete a Londra e vi nutrite di musica, non perdetevi Rough Trade: lì c’è un posto per ognuno di noi.
© Foto Martina Ciani