In occasione del ventennale dalla scomparsa di Stanley Kubrick, una mostra esplora la sua arte.
Procedendo tra le sale della mostra dedicata a Stanley Kubrick, una voce inquietante si fa sempre più vicina: è quella di Jack Nicholson in una delle scene più spaventose di The Shining, proveniente da uno schermo in cui la sequenza è ripetuta in loop. Nella sala dedicata al capolavoro horror del 1980, sono esposti i vestitini delle gemelle più terrorizzanti della storia del cinema, il coltello impugnato da Shelley Duvall e le pagine con su scritto “il mattino ha l’oro in bocca”. Quelli nell’area di The Shining, sono solo alcuni dei tanti oggetti di scena, costumi e artworks visibili in Stanley Kubrick: The Exhibition, al Design Museum di Londra fino al 15 Settembre.

Nato a New York nel 1928, Kubrick si interessò presto alla fotografia lavorando per Look Magazine. Furono però le immagini in movimento del cinema – che conobbe grazie alle retrospettive del MoMA dedicate a D.W. Griffith ed Eisenstein – ad attrarlo maggiormente. Il regista realizzò il suo primo lungometraggio Fear and Desire nel 1953; a questo seguirono Il bacio dell’assassino, Rapina a mano armata e Orizzonti di gloria, oggi considerato il primo capolavoro dell’autore.
Appassionato di scacchi, Kubrick trasferì l’attenzione per i dettagli richiesta dal gioco alla sua filmografia. Ne è esempio l’enorme ricerca intrapresa per la pellicola mai realizzata su Napoleone: nella mostra è esposta un’impressionante bibliografia compilata dallo stesso regista e un elenco delle battaglie che Kubrick intendeva ricostruire nel film. Per il ruolo principale furono considerati Jack Nicholson e Oskar Werner, mentre per quello di Josephine, l’autore pensò ad Audrey Hepburn.
Nonostante la filmografia di Kubrick presenti varie ambientazioni, tra cui il Vietnam (Full Metal Jacket), New York (Eyes Wide Shut) e il Midwest (Lolita), il regista girò la maggior parte dei suoi film in studi non lontano da Londra. Secondo l’autore, lo studio cinematografico permetteva di evitare le numerose distrazioni che si incontravano lavorando in esterna. Per Barry Lyndon, dove fu necessario girare in ambienti reali, Kubrick e i suoi assistenti prepararono un’immensa lista di location da poter utilizzare.
Alle sale introduttive, segue un percorso focalizzato sui capolavori del regista; Orizzonti di gloria è il primo film che incontriamo, seguito da Spartaco (1960), l’unica pellicola diretta da Kubrick che si avvicina al kolossal hollywoodiano. Lo sceneggiatore Dalton Trumbo concepì lo script del film – tratto da un romanzo di Howard Fast – come una riflessione sulla lotta di classe nell’America degli anni ’50. Nella mostra sono visibili gli abiti di scena indossati da Kirk Douglas nel ruolo principale e da Laurence Olivier in quello di Marco Licinio Crasso.

Dopo Orizzonti di gloria, Kubrick tornò al soggetto bellico in Full Metal Jacket (1987), uno sconvolgente adattamento di The Short Timers di Gustav Hasford. Su tutt’altro genere è basato Lolita (1962), dal romanzo di Vladimir Nabokov (qui anche sceneggiatore), dove viene raccontata l’ossessione di un uomo adulto per una ragazzina. Determinato a far distribuire il film nei cinema, Kubrick evitò le scene più esplicite, accentuando l’aspetto sentimentale del racconto. Nonostante la censura, Lolita ottenne un enorme successo al botteghino.
L’incontro tra l’opera di Kubrick e l’artista Philip Castle, già a lavoro con David Bowie e i Wings di Paul McCartney, dette vita ad un’interessante collaborazione. Castle creò una serie di illustrazioni – visibili nella mostra – ispirate da Full Metal Jacket e il poster di Arancia Meccanica.
Nella sala dedicata al film tratto dal romanzo di Anthony Burgess, è ricreato il set del Korova Milk Bar e sono esposti i celebri costumi dei drughi, realizzati da Milena Canonero. Ritroviamo il lavoro della designer italiana nella parte focalizzata su Barry Lyndon (1975), con gli abiti di scena di Ryan O’Neal e Marisa Berenson.
Arancia Meccanica Barry Lyndon
Tra le pellicole più amate dal pubblico dirette da Kubrick c’è sicuramente Il Dottor Stranamore (1964), una potente satira sulla Guerra Fredda e sulla paura della bomba atomica. Nel rivedere la sequenza che apre il film, ricordiamo come il regista viaggiasse con impareggiabile maestria tra un genere e l’altro, trovandosi a proprio agio in qualsiasi stile affrontato.
Eyes Wide Shut (1999) è forse l’unico lungometraggio in cui sembra mancare quel tocco speciale che contraddistingue l’opera di Kubrick. Nonostante l’ineccepibile fascino della pellicola, il risultato finale appare confuso e dai tempi dilatati. È chiaro come la scomparsa di Kubrick durante le fasi conclusive della post-produzione, abbia inevitabilmente influenzato il taglio dell’opera.

Il percorso nell’immaginario di Stanley Kubrick si conclude, giustamente, con il capolavoro avanguardistico del 1968, 2001: Odissea nello spazio. Scritto insieme ad Arthur C. Clarke, il film rappresentò, nell’anno in cui uscì, un viaggio nel futuro del cinema: dopo 2001, la settima arte non fu più la stessa.
Frastornati dalla geniale filmografia di Stanley Kubrick, abbandoniamo il suo universo. Ma il distacco è solo temporaneo; l’opera del regista ci accompagna costantemente nei nostri sogni di celluloide.
Stanley Kubrick è stato uno dei più grandi autori che il pubblico abbia mai conosciuto; senza i suoi viaggi allucinati, le incursioni nell’inconscio e i trucchi con la macchina da presa, il cinema non sarebbe quello che è oggi. E sicuramente, neanche noi spettatori.
© Foto Martina Ciani