THE FAVOURITE di Yorgos Lanthimos

Il nuovo film del regista di The Killing of A Sacred Deer.

Nel parlare di Yorgos Lanthimos, credo sia necessaria una premessa: non amo particolarmente il regista greco. I tratti distintivi del suo cinema, le bizzarrie e l’assurdo non mi hanno mai convinta totalmente; in un film come The Lobster non riuscivo ad abituarmi all’irrealtà della storia e dove in molti vedevano il genio, io percepivo soltanto una pretenziosità che girava a vuoto. Buñuel era molto lontano.

Il mio scetticismo nei confronti di Lanthimos si è leggermente dissipato con The Favourite, pellicola candidata agli ultimi Oscar, in cui il regista abbandona le atmosfere surreali dei suoi precedenti film a favore di un’ambientazione nell’Inghilterra del 1700. Al centro della storia due donne, Sarah Churchill (Rachel Weisz) e Abigail (Emma Stone) che si contendono il favore della regina Anne (Olivia Colman). Gli uomini sono relegati sullo sfondo, o addirittura fuori campo, impegnati in un’eterna guerra contro la Francia.

Le donne dominano la vicenda, ma ad esserne dipinto è il lato peggiore; quello del desiderio, dell’ambizione, della gelosia e della vendetta. Le tre protagoniste ritratte da Lanthimos non provocano ammirazione, ma rappresentano tutto ciò che non vorremmo essere: c’è la debolezza della regina Anne, la meschinità di Abigail e le manipolazioni di Sarah. Fin dall’arrivo a corte del personaggio di Emma Stone, il meccanismo che si innesca tra le due rivali è di una crudeltà pari a quella che Bette Davis riserva a Joan Crawford in What Ever Happened to Baby Jane?. Allo stesso modo, le vie subdole attraverso cui Abigail si fa strada, da sguattera a dama di compagnia della regina fino a diventarne la favorita, ricordano un’altra pellicola con protagonista Bette Davis, quell’All About Eve in cui Mankiewicz raffigura l’agonizzante voglia di successo di un’aspirante attrice.

Se The Favourite è stato paragonato a Barry Lyndon per l’uso di candele nell’illuminazione degli interni e per il rimando ai dipinti di Gainsborough nella costruzione delle immagini, l’alone sovversivo con cui Lanthimos traduce la sceneggiatura di Tony MacNamara e Deborah Davis è più vicino alla Marie Antoinette di Sofia Coppola, che al film di Stanley Kubrick. C’era qualcosa di tremendamente fuori dalle righe nell’accompagnare la regina attraverso la reggia di Versailles tramite le note degli Strokes e dei Cure; la Coppola si distanziava totalmente dal metodo classico del film in costume, proponendo una Marie Antoinette ribelle dalle sfumature punk. Lanthimos non stravolge totalmente il genere come la Coppola, ma sceglie di concentrarsi sugli aspetti più luridi degli ambienti e dei suoi personaggi, accentuandone le perversioni attraverso le inquadrature distorte del fish-eye.

Tra le tre protagoniste, si è molto parlato dell’interpretazione di Olivia Colman – premiata prima con la Coppa volpi a Venezia e poi con l’Oscar – capace di donare alla sfortunata regina, una maschera di sofferenza e ingenuità. Ma a spiccare su tutti in questo film è Rachel Weisz, che nella stessa sequenza riesce a passare da una sensuale devozione all’espressione minacciosa del ricatto. Il suo personaggio non arriva comunque alla brutalità di quello di Emma Stone, sorprendente in un ruolo lontano dai canoni a cui ci ha abituati.

Giochi di potere, intrighi politici e rivalità: con The Favourite Lanthimos realizza un’opera dalle vesti classiche, ma dal sapore profondamente contemporaneo, in cui, quanto vediamo sullo schermo può essere trasportato in qualsiasi epoca. A voi la scelta.

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