Theresa May annuncia le dimissioni dal ruolo di Primo Ministro del Regno Unito.
In questo maggio segnato dalle controverse Elezioni Europee, qualcosa di strano permeava l’aria. Già da tempo si era sparsa la voce che Boris Johnson, ex sindaco di Londra, avrebbe preso il posto di Theresa May come Primo Ministro del Regno Unito. Sono quelle notizie che si leggono un po’ ovunque, ma a cui si cerca di non dare troppo ascolto. Perché il Regno Unito era tra i pochi paesi ad avere un leader che non inducesse a cambiare canale ogni volta che appariva in TV. Certo, potevamo non essere d’accordo con la sua politica, con molti aspetti del partito conservatore e soprattutto con la Brexit. Ma Theresa May non era un leader di cui vergognarsi. Anzi, alcune volte per lei abbiamo provato persino ammirazione.
A seguito delle fallimentari sedute parlamentari in cui la May non era riuscita ad ottenere il consenso sull’accordo per la Brexit, il New York Times si chiedeva se il Primo Ministro britannico fosse il peggior politico di sempre. Nell’articolo, la giornalista Jenni Russell, raccontava di un incontro con la May risalente ad otto anni fa, quando il futuro Premier ricopriva il ruolo di Ministro degli Interni del governo Cameron.
Durante l’evento in occasione dell’International Women’s Day – spiega la Russell – la May era rimasta in disparte, lontano dai giornalisti, con i quali di solito i politici tentano invece di instaurare un dialogo. Quando la Russell aveva provato ad avvicinare la May, quest’ultima aveva risposto alle domande con disinteresse. Nel corso degli anni, molti giornalisti e Capi di Stato avevano avuto un’esperienza simile. Ed è proprio il non aver colto l’importanza di alleanze, amicizie, coalizioni e supporto reciproco in politica, che, a detta della Russell, avrebbe sancito il fallimento del governo May nel portare a termine la Brexit.
Oggi, nell’annunciare il discorso di dimissioni della May, il commentatore della BBC ha sentenziato che, se George W. Bush verrà ricordato per la Guerra in Iraq, il governo May è ormai per ognuno di noi sinonimo del caos della Brexit. Ma nonostante le critiche e i mancati traguardi, quando la May è uscita dal numero 10 di Downing Street, quello che abbiamo provato nei suoi confronti non è stata amarezza, ma empatia.
Il Primo Ministro uscente ha parlato per pochi minuti, ma il suo è stato un discorso sincero nel quale ha ammesso la sconfitta: “I cittadini britannici hanno votato per uscire dall’Unione Europea e in una democrazia si ha il dovere di implementare ciò che viene deciso dalla popolazione. Ho fatto quello che potevo ed era giusto perseverare […] non essere riuscita a portare a compimento la Brexit è e rimarrà un grande rimpianto […] Anni fa, Sir Nicholas Winton (il filantropo che riuscì a salvare 669 bambini, di cui la maggior parte Ebrei, dalla Cecoslovacchia prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale) mi dette un consiglio fondamentale: non dimenticare mai il compromesso, perché non è una parola sporca. La vita è un compromesso”.
La May ha poi concluso: “Presto abbandonerò un ruolo di cui sono stata onorata, la seconda donna ad essere Primo Ministro (riferendosi a Margaret Thatcher), ma certamente non l’ultima. E non lo faccio con dispiacere, ma con l’enorme gratitudine di aver servito il paese che amo”. Con la voce spezzata, la May si è allontanata dalle telecamere ed è rientrata al numero 10 di Downing Street. Dal 7 giugno non risiederà più nella celebre via adiacente al Whitehall.
Cosa ci aspetta adesso? Con molta probabilità Boris Johnson diventerà Primo Ministro. Secondo la May la Gran Bretagna sta andando verso un grande futuro: c’è molto di cui essere ottimisti – ha affermato nel discorso di oggi. Per quanto la realtà dei fatti porterebbe a pensare il contrario, vogliamo credere alle sue parole.
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