Alla Tate Britain una mostra che si concentra sugli anni londinesi dell’artista olandese.
Nel 1947, quando alla Tate Gallery (divenuta in seguito l’attuale Tate Britain) venne inaugurata una mostra con più di 100 opere di Vincent Van Gogh, i giornali dichiararono trionfanti: Miracle on Millbank. Più di 5.000 persone visitarono la mostra, dimenticando il grigiore dell’immediato dopoguerra grazie ai colori accesi dei dipinti di Van Gogh.
Le opere dell’olandese tornano alla Tate Britain in un’esposizione che si concentra sugli anni londinesi del pittore. Van Gogh visse nella capitale britannica dal 1873 al 1876, rimanendo profondamente influenzato dagli artisti e dalle opere che conobbe in quel periodo. Ad ispirare Van Gogh furono la lettura dei romanzi di Charles Dickens e le illustrazioni di Gustave Dorè, ritraenti una Londra realisticamente cupa. Anche il dipinto The Valley Farm (1835) di John Constable esercitò una profonda fascinazione sull’artista, soprattutto per la predilezione del pittore inglese nel ritrarre la natura rispetto ad altri soggetti.
Van Gogh ebbe modo di conoscere gli artisti più importanti del periodo attraverso l’impiego presso il commerciante d’arte Goupil. Ammirò in particolar modo le illustrazioni dei cosiddetti artisti del bianco e nero, di cui collezionò più di 2.000 stampe. In The Dustman, che Van Gogh realizzò nel 1883, è riscontrabile, soprattutto nel soggetto scelto, l’influenza di A London Dustyard (1873) di Edwin Buckman. La prima parte della mostra si focalizza sulle esperienze e sulle opere che contribuirono a formare lo stile maturo di Van Gogh. È affascinante apprendere (come suggeriscono i curatori) che nel dipingere il celebre Starry Night Over the Rhône (1888), Van Gogh abbia pensato ai colori delle notti sull’Embankment londinese che tanto amava.
The Dustman, 1883 A London Dustyard, 1873
Il pittore olandese nutriva un profondo interesse nei confronti degli artisti che pubblicavano illustrazioni sul settimanale The Graphic. In particolare, la serie di ritratti Heads of the people che comprendeva disegni di Hubert Von Herkomer e William Small, furono alla base dei futuri ritratti di Van Gogh. Nella mostra è possibile notare l’influenza dell’illustrazione The British Rough (1875) di Small sul ritratto di Paul Ferdinand Gachet del 1880. Tra le opere di Van Gogh presenti in questa prima parte dell’esposizione, la litografia At Eternity’s Gate (da cui deriva il titolo del recente film sull’artista di Julian Schnabel), divenuto poi il dipinto Sorrowing Old Man (1890), è sicuramente uno dei quadri che più ci colpisce. La posizione affranta del soggetto suggerisce lo stato di angoscia vissuto da Van Gogh durante la sua permanenza all’ospedale di Saint Rémy.

Nella seconda parte di Van Gogh and Britain, l’attenzione si sposta sugli artisti che si ispirarono al lavoro del pittore. All’inizio del ventesimo secolo, le opere di Van Gogh raggiunsero la Gran Bretagna grazie al critico Roger Fry (membro del Bloomsbury Group), curatore della mostra Manet and the Post-Impressionist alle Grafton Galleries. Tra gli altri pittori protagonisti dell’esposizione, Seurat, Gauguin, Cezannè, Matisse e Picasso. Se alcuni critici non apprezzarono i lavori esposti, soffermandosi nel caso di Van Gogh più sulla sua condizione mentale che sul valore artistico dei quadri, al contrario, i giovani artisti che ebbero occasione di vedere i dipinti dell’artista olandese, ne rimasero profondamente colpiti. Tra questi, Vanessa Bell (sorella di Virginia Woolf e anche lei componente del Bloomsbury Group) che fece sicuramente riferimento alla lezione di Van Gogh nel suo ritratto di Roger Fry (1912). Anche la scuola dei pittori di Camden, di cui facevano parte Matthew Smith, Harold Gilman, Spencer Gore e Walter Sickert, utilizzò tecniche proprie allo stile di Van Gogh.
Giungendo al termine del percorso, i curatori scelgono di focalizzarsi su una delle opere più famose di Van Gogh, Sunflowers (1888). A questa sono accostate interpretazioni dello stesso soggetto da parte di artisti inglesi come Christopher Wood e Winifred Nicholson. Il paragone risulta però forzato in quanto nessuno dei dipinti presenti si avvicina ai vibranti toni dell’originale.
Nell’ultima parte della mostra, il vero protagonista è il dipinto Hospital at Saint Rémy del 1889, realizzato da Van Gogh dopo settimane di malattia. L’espressività delle pennellate, i colori accesi e le forme degli alberi che sovrastano l’edificio sullo sfondo, suggeriscono la forza e la bellezza che Van Gogh riscontrava nella natura. È un quadro capace di enorme fascinazione.

Van Gogh and Britain – come suggerisce il titolo – non è incentrata sulle opere più famose del pittore, ma piuttosto è un’esplorazione sugli artisti e i luoghi che hanno contribuito alla formazione del suo stile. Se conosciamo minuziosamente il periodo parigino, il soggiorno ad Arles e l’epilogo ad Auvers-sur-Oise, lo stesso non è per gli anni trascorsi a Londra dall’artista. È per mezzo di questa mostra che entriamo in contatto con aspetti della vita di Van Gogh che non ci erano familiari.
Nel 1910, Virginia Woolf scrisse su Manet and the Post-Impressionists: “On or about December 1910, human character changed”. Anche se i dipinti dell’artista olandese fanno ormai parte del nostro immaginario, una volta visti dal vivo, ci investono di una forza espressiva a cui è impossibile sottrarsi. Ignorando gli scettici, non possiamo far altro che lasciarci trasportare dal genio di Vincent Van Gogh.
In copertina: Wheatfield with Crows, 1890