In occasione del centenario dalla nascita di Federico Fellini, ricordiamo il grande maestro con uno dei suoi capolavori.
Se la storia del cinema ci ha regalato numerosi personaggi indimenticabili, sono in pochi ad eguagliare la malinconia e tenerezza della protagonista de La strada. Interpretata magnificamente da Giulietta Masina, Gelsomina è una delle figure più affascinanti che il mondo della celluloide abbia saputo consegnarci, nata dalla geniale penna di Federico Fellini.
Il regista racconta come all’origine de La strada vi fosse un’idea che gli fece immaginare il viaggio di due creature messe insieme dal destino. In maniera simile, durante un soggiorno in Toscana, lo sceneggiatore Tullio Pinelli si trovò a fantasticare sulle vicende di zingari e saltimbanchi che si spostavano per quelle vecchie strade. Quando Pinelli e Fellini si incontrarono, Gelsomina e Zampanò (Anthony Quinn) presero definitivamente vita.
Nella pellicola iniziano a delinearsi i temi ricorrenti dell’opera felliniana: il circo, protagonista di una lunga sequenza, la religione, rappresentata in questo caso dalle suore che offrono rifugio a Gelsomina e Zampanò, e il mare, al centro della commovente immagine finale.
Il punto di forza de La Strada sta nella contrapposizione tra i due protagonisti: da una parte, Gelsomina, una sorta di clown con un pizzico di Chaplin, dolce ed innocente. Di fianco a lei, Zampanò, uno zingaro irrequieto e volgare. Se Gelsomina è inizialmente intimorita da Zampanò, in seguito gli si affeziona, preferendo restare al suo fianco piuttosto che scegliere l’opzione più sicura del circo. Da parte sua, Zampanò non mostra però riconoscenza nei confronti della donna, continuando a trattarla con modi bruschi.

Ad avvicinarsi maggiormente a Gelsomina è il Matto (Richard Basehart), funambolo di professione, che è convinto – a causa del suo mestiere – di avere vita breve. Il Matto è l’opposto di Zampanò: esile e spiritoso il primo, massiccio e burbero il secondo. Gelsomina è immediatamente affascinata dall’eleganza con cui il Matto mette in scena il suo numero e dal modo quasi fanciullesco in cui affronta la vita. Anche il Matto, al contrario di Zampanò, si affeziona a Gelsomina insegnandole a suonare la tromba.
Quando le strade dei tre si dividono, Gelsomina e Zampanò proseguono con il loro spettacolo itinerante in piccoli borghi dell’appennino tosco-emiliano. Nello spostarsi da un luogo all’altro, i due incontrano nuovamente il Matto; il finale drammatico, di cui avevamo avuto percezione fin dall’inizio della pellicola, inizia a materializzarsi.
È in seguito a questo episodio che Zampanò sembra andare incontro ad un cambiamento: l’uomo prova una maggiore sensibilità verso Gelsomina, ma è incapace di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Vorrebbe continuare a vivere dimenticando l’accaduto, ma Gelsomina non glielo permette. Così l’abbandona. Questa tecnica narrativa ricorda, per alcuni versi, l’espediente usato da Virginia Woolf in Mrs Dalloway: qui la scrittrice sacrifica uno dei protagonisti (Septimus Warren Smith) per far sì che, di fronte alla tragedia, gli altri personaggi vadano incontro ad un mutamento di intenzioni. Lo stesso avviene ne La Strada dopo la morte del Matto: Zampanò subisce un cambiamento, anche se è ormai troppo tardi.
In una delle sequenze finali, Zampanò riconosce la melodia che Gelsomina suonava con la sua tromba, cantata da una donna. Quelle note, così malinconiche, non lo abbandoneranno più. E quella musica – composta dal maestro Nino Rota – non abbandonerà più nessuno di noi. Insieme all’indimenticabile volto di Gelsomina, piccolo, grande clown.