Vintage Cinema: Tempi moderni di Charlie Chaplin

Il capolavoro di Chaplin è disponibile in streaming su Mymovies nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.

Fu probabilmente la visita alle industrie Ford del 1923 ad ispirare Charlie Chaplin per una delle scene più celebri di “Tempi Moderni”: Charlot, che qui veste i panni di un operaio, viene risucchiato dalla catena di montaggio e si muove tra gli ingranaggi. Con la conclusione della sequenza iniziale, Charlot, ormai schiavo della macchina, imita i movimenti ripetitivi del suo lavoro in preda all’isteria.

In “Tempi Moderni” è dipinta una realtà in cui l’individuo comune non ha più potere e dove il suo ruolo è ridotto a mero strumento per incrementare la produzione. Se Chaplin fa riferimento agli anni della Grande Depressione, certe situazioni rendono quanto affrontato senza tempo, a partire dall’apertura con l’immagine di un gregge accostata a quella di uomini che si recano a lavoro; un’associazione provocatoria che mantiene forte risonanza nel presente.

Anche la scena in cui Charlot è scelto come cavia per una macchina che consente la consumazione di pasti più velocemente diventa presagio di un futuro in cui la tecnologia dominerà sull’uomo. Un tempo che, nella società odierna, dove esistono intelligenze artificiali con funzioni quasi umane, non sembra essere troppo lontano.

“Tempi Moderni” è il primo film in cui Chaplin affronta questioni politiche in modo esplicito; se nei titoli precedenti i temi sociali restavano sullo sfondo, qui diventano essenziali alla narrazione: la chiusura delle fabbriche, lo sciopero dei lavoratori e la conseguente disoccupazione, non fanno da background alla vicenda, ma diventano scenari con cui Charlot si confronta direttamente.

In un periodo in cui il sonoro era stato introdotto nel cinema da quasi un decennio, Chaplin realizza un film privo di dialoghi, consapevole che l’utilizzo della parola avrebbe impoverito la pellicola, privandola della sua poeticità. La carica espressiva dei personaggi è infatti tale da riuscire a comunicare attraverso i gesti, gli sguardi e gli eleganti movimenti dei corpi: le parole, viste da Chaplin con diffidenza, diventano un mezzo per identificare i villains, come nel caso del direttore della fabbrica.

Se quella dell’attore è una mimica già resa celebre in “Il circo” e “Luci della città”, qui raggiunge la sua massima espressione. E come nella filmografia precedente, è la convivenza tra elementi drammatici e situazioni comiche -binomio che Chaplin porterà all’estremo ne “Il grande dittatore” – a garantire la brillantezza del film.

L’incontro tra Charlot e la monella (Paulette Goddard) dà vita ad alcune delle gag più memorabili: la scena in cui Charlot entra nella piccola baracca rischiando di distruggerla, quella in cui si esibisce per i clienti di un Cafè, e la divertente danza sui pattini al centro commerciale. La danza è un motivo ricorrente nell’immaginario di Chaplin: “Tempi moderni” è un balletto meccanico in cui i protagonisti si muovono con fluidità da una scena all’altra.

Anche se la prima parte della pellicola racchiude un forte pessimismo – Charlot preferisce la prigione alla libertà nel mondo moderno – grazie all’incontro con la monella, i toni diventano gradualmente più positivi, fino alla magnifica scena finale.

Charlot e la ragazza sono tornati al punto di partenza; hanno perso l’impiego e non hanno denaro. Dopo l’illusione di una possibile via d’uscita dalla miseria, i due sono nuovamente sconfitti dalle autorità. “Che senso ha provarci?” esclama la donna in preda alla disperazione; ma Charlot, eterna luce di speranza, le risponde: “Su con la vita. Non ti dare per vinta, ce la caveremo”.

È uno dei finali più commoventi della storia del cinema: di lì a poco scoppierà la guerra e negli anni successivi, disastri e tragedie affliggeranno il mondo. L’uomo però, continuerà ad andare avanti, percorrendo quella strada che non lascia intravedere ciò che si nasconde dietro l’orizzonte.

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